Ilisso, 2006. — 127 p.
La vicenda di Edina Altara costituisce un episodio laterale ma affascinante nel quadro delle arti applicate italiane del Novecento: illustratrice, pittrice, creatrice di oggetti, di arredi, di ambienti, la sua opera germoglia dal mondo della quotidianità femminile e domestica, trovando nella decorazione il proprio ambito privilegiato e nella casa la sfera ideale in cui manifestarsi. Autodidatta in campo artistico (la sua educazione e quella delle sorelle, non era andata oltre la scuola normale), Altara coltiva sin dall’infanzia una manualità duttile e sensibile, che la porta a preferire ai giocattoli tradizionali la carta ritagliata, i colori, gli scampoli di stoffa, di cui fa materia per piccole e ingegnose invenzioni, figure, oggetti, racconti. La passione spontanea per l’ornamento si intreccia in lei alla predilezione colta per l’artigianato baroc-co e rococò, per le «buone cose di pessimo gusto» del non lontano Ottocento, la pratica casalinga del bricolage si accompagna alla dimestichezza con le forme del design contemporaneo.